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TORGIANO DOCG..e altre storie

TORGIANO DOCG..e altre storie

Autore: Gusto landia/lunedì 11 novembre 2013/Categorie: Territori , Umbria, Valorizzazione dei patrimoni eno-gastronomici

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La scoperta di numerosi resti d’anfore vinarie alle porte di Torgiano conferma la presenza di un’estesa viticoltura già ai tempi dei Romani. Tre le possibili etimologie del toponimo (turris amnes cioè “terra dei fiumi”, Tursius membro di un’importante famiglia senatoriale , Tursa divinità umbra battagliera e minacciosa), ma la leggenda vuole che venga da ''Torre di Giano'', struttura ancora intatta e intitolata a colui che altri non sarebbe che il biblico Noè, fermatosi qui dopo il diluvio universale. I ricchi depositi di limo, la terra fresca per l’argilla, l’altitudine media di 200-400 metri e l’esposizione soleggiata rendono quest’area alla confluenza del fiume Chiascio con il Tevere ambiente ideale per l'allevamento di viti e olivi.
Descrizione:  Spumantizzazione con procedimento tradizionale (fermentazione in bottiglia) di durata non inferiore a 2 anni di permanenza sulle fecce. Affinamento in legno dei vini rossi di almeno 6 mesi. Invecchiamento minimo di 3 anni di cui almeno 2 in legno per il Vin Santo. Abbinamenti:  antipasti misti, frutti di mare, molluschi e crostacei, minestre, sughi di mare, pesci pregiati arrosto o al cartoccio e frittate con i Bianchi; carni bianche in salsa, carni rosse alla griglia o al forno aromatizzate con erbe, selvaggina da penna e formaggi erborinati con i Rossi.
Tipologie:  Bianco di Torgiano, Rosso di Torgiano, Rosato di Torgiano, Merlot di Torgiano, Chardonnay di Torgiano, Pinot Grigio di Torgiano, Riesling Italico di Torgiano, Cabernet Sauvignon di Torgiano, Pinot Nero di Torgiano, Torgiano Spumante, Torgiano Vendemmia Tardiva, Torgiano Vin Santo. Può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale.
Vitigni:  Trebbiano Toscano, Sangiovese, Merlot, Chardonnay, Pinot grigio, Riesling bianco, Cabernet sauvignon, Pinot nero.
Cenni storici e/o geografici:
Disciplinare:  approvato DOC con Dpr 20.03.68 (G.U.132 -25.05.68), poi il tipo Torgiano Rosso Riserva approvato DOCG con Dpr 20.10.90 (G.U.59 - 11.03.91)


La DOP: FARRO DI MONTELEONE DI SPOLETO
 A Monteleone di Spoleto, nella etrusca “tomba della biga”, sono stati rinvenuti reperti di cereali tra cui anche cariossidi di farro appartenenti probabilmente proprio alla specie Triticum dicoccum che viene ancora oggi qui coltivata. Documenti attestano che fin dal XVI sec. questa coltivazione era largamente praticata e il suo uso si è protratto nei secoli successivi tramandando le tecniche di preparazione dei terreni, la scelta dei tempi giusti della semina e della raccolta, la lavorazione e le numerose ricette locali. Le particolari caratteristiche derivano dalla combinazione delle condizioni pedoclimatiche della zona ed in particolare ai terreni calcarei sassosi sopra ai 700 m che impediscono il ristagno dell’acqua nelle stagioni umide. In ricordo del miracolo di S. Nicola che passando per Monteleone avrebbe donato il farro per sfamare i poveri, ogni anno il 5 dicembre a mezzogiorno il parroco organizza sul sagrato della chiesa la distribuzione di una minestra cotta in un grande caldaio appeso sul focolare e condita con sugo di magro, a cominciare dai bambini che per l'occasione anticipano l'uscita dalla scuola.
Descrizione: La tipica cariosside dal colore marrone chiaro ambrato ha consistenza vitrea alla frattura. Povero di grassi e ricco di amidi, vitamine, sali minerali e fibre insolubili, il farro viene venduto nelle tipologie integrale, semiperlato, spezzato e semolino. In grani compare nelle polpette, minestre, supplì, insalate fredde, gallette o cialde, mentre la farina è di solito utilizzata per crostate, pasta, tramezzini, biscotti e focacce.
Disciplinare:  Reg. UE n. 623 del 15.07.10 (GUUE L 182 del 16.07.10)


Piatto locale: Il TEGAMACCIO

Per secoli i pesci del Trasimeno hanno costituito la principale fonte di sostentamento degli abitanti di queste zone. La ricetta, tramandata dal Medioevo e comune anche alla cucina toscana, è tra i pochi esempi di zuppa di pesce lacustre e deriva il suo nome dal fatto che da sempre viene cucinata in un tegame di coccio. Adatta al periodo invernale, andrebbe rigorosamente cucinata per un paio d’ore sopra braci vivaci. I pesci che tradizionalmente vengono utilizzati sono persico reale, luccio, anguilla maretica (cioè che viene dai mare e si presenta di colore grigiastro), carpa, tinca e in generale tutto il pescato d'acqua dolce.
Descrizione:  Ingredienti per 6 persone:  1 kg di pesce di lago eviscerato e lavato sotto acqua fredda corrente, 1 kg di pomodori, 1 cipolla, 1 ciuffetto di prezzemolo, vino bianco, olio, sale e pepe.
Preparazione:  Mettete nel tegame l'olio, poco aglio, abbondante cipolla tritata e prezzemolo tritati finemente e fate soffriggere a fuoco lento per evitare che la cipolla bruci. Unite tutte le teste dei pesci, sfumate con il vino e cuocete bagnando con un po’ d'acqua se necessario. Dopo 10 minuti togliete ciò che rimane delle teste e il fondo, passatelo e versate l'ottenuto nel tegame. Amalgamate il pomodoro, lasciate andare per altri 10 minuti, aggiungete il resto del pesce e portate il tutto a cottura a fiamma bassissima ed evitando di girare con forchetta o mestoli per non romperlo. Preparate delle fette di pane abbrustolito e strofinatele con aglio, mettetele in fondo al piatto e versate la zuppa fino a coprire completamente il pane.

 

dal volume DOC&DOP 50anni di qualità Ed.Civin

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