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Marche: Matelica, il suo verdicchio, il miele e altre storie

Marche: Matelica, il suo verdicchio, il miele e altre storie

Autore: Gusto landia/venerdì 8 febbraio 2013/Categorie: Territori , Marche, Gusto

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Città di antichissima origine. Le prime testimonianze della presenza dell'uomo nel territorio matelicese risalgono al Paleolitico. A partire dall'VIII sec.a.C., ma soprattutto durante il VII, l'intero comprensorio viene densamente popolato: lo dimostrano le estese aree di abitati e le necropoli sviluppatesi in corrispondenza dei pianori di fondovalle prossimi al corso del fiume Esino. A questa fase risale il ritrovamento di numerosi vinaccioli di " Vitis Vinifera" recuperati in una tomba picena appartenuta ad un personaggio di rango principesco, straordinario documento delle antichissime origini della coltivazione della vite in questa zona.

Matelica è situata al centro di una valle compresa tra il Monte S.Vicino e il Monte Gemmo. Il suo territorio è ricco di bellezze naturalistiche e importanti documentazioni storiche di un passato ricco, come i resti della potentissima abazia benedettina di S. Maria de Rotis e la possente Rocca degli Ottoni, entrambe nel magnifico massiccio del S.Vicino. La data di fondazione del primo centro abitato è incerta, Plinio il Vecchio la considera di fondazione Umbra, ma le recenti, importanti scoperte archeologiche attestano come le origini sono probabilmente picene. Dopo la conquista dell’Italia da parte di Roma, Matelica divenne “Municipium Romanum” (89 a.C.). Il suo massimo splendore lo conobbe in età imperiale del I e, soprattutto nel II sec. d.C. Fu conquistata dai Longobardi e successivamente su sede vescovile. Nel 1348 Matelica fu ceduta alla famiglia degli Ottoni i quali divennero i Signori della Città sino al 1576. Durante questo periodo, Matelica divenne un discreto centro culturale e a testimoniarlo troviamo Palazzo Ottoni, Piersanti, Salta, la bellissima Loggia del Mercato, le opere di pittura conservate al Museo Piersanti e nella Chiesa di S. Francesco. Nel 1761 Matelica divenne città e poi la storia dello Stato della chiesa e del Regno d’Italia. La città, come molte altre nell’entroterra marchigiano, con le sue chiese, i suoi monumenti, i resti archeologici e il suo splendido museo, è un gioiello da scoprire.


Il Verdicchio di Matelica

E'la meno conosciuta delle due varietà di Verdicchio DOCG delle Marche .La zona di produzione del vino è un decimo della dimensione della sua controparte, il Verdicchio di Jesi,  I vigneti sono situati su pendii ad una altitudine di 400 metri che fanno parte dell'Appennino, nelle province di Macerata e Ancona. Il terroir è ideale per la coltivazione della vite, con il clima continentale, ed i suoli  ricchi di minerali con un contenuto di argilla calcarea.
Fanno parte del Verdicchio di Matelica  otto comuni: 6 della provincia di di Macerata e 2 di quella di Ancona. Territori ricchi di storia e di tradizioni, segnalate anche dalla presenza di torri e castelli. Il tratto di altipiano noto come "sinclinale camerte" è l'unica zona della penisola, al di fuori dei castelli di Jesi, dove il vitigno conserva le sue particolari caratteristiche. Questo verdicchio ha anch'esso una lunga tradizione e documenti d'epoca rivelano che è sempre stato molto apprezzato.

Come il suo omologo, il Verdicchio di Matelica ha una lunga storia. Diverse leggende sono collegate a questo vino, una rivela che il vino Verdicchio è stato fornito alle truppe del re dei Visigoti, Alarico (370-410 dC), quando hanno marciato su Roma, per dar modo di mantenere la loro vigoria
Questo bianco è noto per il suo fresco, fragrante ed armonico carattere, mostra una caratteristica 'più nitida rispetto al suo omologo Verdicchio dei Castelli di Jesi, che è molto più rotondo e dolce. Esso mostra grande equilibrio e struttura ,è un vino versatile che può essere trasformato nella versione Spumante. Simile al verdicchio di Jesi è il partner ideale per il pesce, e anche per il piatto tipico regionale dei Vincigrassi una versione più ricca delle lasagne romagnole
Il Verdicchio di Matelica è di un giallo paglierino scuro, con riflessi verdolini, cristallino, con una buona consistenza, il profumo ricorda la mela golden , ginepro e gelsomino, fresco al palato, sapido gusto di noce ".

La tipicità del Verdicchio di Matelica è rappresentata dal suo valore storico (è uno dei più antichi vini bianchi autoctoni italiani e tra i primi 20 vini a divenire DOC,  riconosciuto il 21 luglio 1967) e dalla irripetibilità del suo  profilo sensoriale fuori del territorio di produzione.
Il Verdicchio di Matelica DOC, dal 1995, si può fregiare  di due menzioni relative a importanti varianti produttive: verdicchio “Riserva” e “Passito; ha periodo di maturazione di due anni dalla vendemmia di cui 4 mesi d’affinamento in bottiglia all’interno della zona di produzione. Un vino bianco a lunga maturazione che addirittura si avvantaggia dell’ invecchiamento. La componente di base è l'uva Verdicchio, alla quale possono essere aggiunti altri vitigni a bacca bianca, raccomandati o autorizzati nella zona di produzione.
Quattro le tipologie previste: Verdicchio di Matelica, "Spumante", "Riserva", "Passito".

Il Miele
L’alta Vallesina presenta un’importante conservazione della vegetazione spontanea, tanto che la regione Marche vi ha individuato ben 27 aree protette. Ed è in questa oasi di integrità ambientale che le api bottinano il loro nettare, dando origine a deliziosi mieli millefiori, uniflorali di acacia e di castagno; Dolcissimo e profumatissimo è il miele “millefiori” di Matelica, tipico di questa zona per la molteplicità dei fiori presenti, che da qualche tempo viene impiegato anche nella fermentazione alcolica di piccole partite di Verdicchio, per preparare una sorta di “vino e miele”.


La cucina

Matelica però non è solo Verdicchio e miele; il territorio di frontiera fra nord e sud, le Marche, viene sicuramente influenzato dalle tradizioni gastronomiche delle regioni limitrofe, tali tradizioni culinarie comunque, nel corso dei secoli, sono state rielaborate e riadattate ai prodotti, al gusto ed alla cultura locale sino a renderle tipiche delle singole province
L'arte culinaria e le tradizioni gastronomiche infatti, se è vero che sono state influenzate dalle regioni limitrofe, hanno tuttavia assunto una loro tipicità ed una tradizione che tende comunque a differenziare spesso anche piatti con lo stesso nome dalle elaborazioni delle regioni d'origine.

La gastronomia marchigiana nel suo complesso è comunque caratterizzata da una cucina robusta, non mancano le carni ed in particolare la cacciagione, sempre attenta ai sapori ed in grado di ben coniugare quelle commistione unica fra mare e collina che rappresenta la caratteristica di tale regione.  

Molti sono i prodotti a denominazione: il ciauscolo, la casciotta d'Urbino, un formaggio realizzato sin dall'antichità, sembra fosse il formaggio preferito da Michelangelo e da papa Clemente XIV. La prima apparizione ufficiale è del 1545,   il prosciutto di Carpegna,

Il  nome "ciauscolo" deriva dal latino ciabusculum, e significa “piccola razione di cibo”. E in effetti il gustoso “ciauscolo”, questo antico salume marchigiano, ha la proprietà di poter essere spalmato sul pane e di sostituire così un pasto completo. Da ricordare anche il salame lardellato, la salsiccia e il profumato salame di cinghiale, il guanciale stagionato.

Molti sono i piatti della tradizione contadina; tra i primi piatti spiccano i "Vincisgrassi" , descritti come princisgras per la prima volta da Antonio Nebbia nel Il Cuoco Maceratese (1783), e le "Tagliatelle della trebbiatura".  Tra i secondi piatti oltre i gia' citati "coniglio in porchetta" e "pollo in potacchio" la classica "coratella d'agnello". Per quanto riguarda i dolci infine "la crescia sfojata" dolce tipico strudel ricco di noci, uva secca, fichi secchi e mele; "la frustenga" tra i cui ingredienti annovera la dolcissima "sapa" mosto d'uva condensato; la bianca friabilissima e leggerissima "ciambella di pasqua".

 Tagliatelle della Trebbiatura

 

Nei secoli passati, nelle corti contadine  la mietitura era un rito, le famiglie  usavano aiutarsi reciprocamente, riunendosi per la raccolta nei vari poderi e lavorando in gruppo, dimezzando così la fatica. Le massaie, in previsione dei pranzi da offrire ai vicini con riconoscenza per il grande aiuto, iniziavano ad allevare le oche già in inverno per farne degli splendidi, saporiti ragù.
La tradizione del sugo della mietitura si è mantenuta nei tempi ed oggi il classico piatto fa rivivere questa antica usanza.


Ingredienti: 5 uova di tagliatelle fatte in casa, papera,carota,sedano,cipolla,salsa di pomodoro,conserva,sale,pepe,vino bianco
olio,parmigiano
Preparazione
Fare un soffritto con olio, cipolla, carota, sedano. Unire la papera, fiammeggiata, pulita e tagliata a pezzi, far rosolare. Salare, pepare e versare il vino. Quando sarà evaporato, aggiungere salsa di pomodoro e conserva. Portare a cottura e condire le tagliatelle con l'aggiunta di parmigiano

 
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