Dalle cucine ottomane alle tavole alpine, lo strudel di mele racconta secoli di storia, contaminazioni e profumi che non smettono di incantare.
Lo strudel di mele è più di un semplice dolce: è un racconto di viaggi, scambi culturali e sapori che attraversano continenti. Oggi è considerato uno dei simboli gastronomici del Trentino-Alto Adige, ma le sue origini affondano molto più lontano, tra le spezie e i profumi del Medio Oriente. In questa lunga storia di contaminazioni, ogni ingrediente ha conservato un frammento del suo percorso, fino a creare quello che oggi è uno dei dessert più amati in Europa.
Dalle antiche corti orientali alle cucine viennesi
Le prime tracce di dolci simili allo strudel risalgono addirittura all’VIII secolo a.C., in Mesopotamia, dove si preparavano dessert con strati sottili di pasta, miele e noci. Questi dolci, attraverso le rotte commerciali della Via della Seta, arrivarono in Grecia e poi in Turchia, dando origine a specialità come il güllaç e la baklava, veri capisaldi della pasticceria mediorientale.
Fu durante l’espansione dell’Impero Ottomano, nel XVI secolo, che la ricetta arrivò in Ungheria, dove venne adattata con ingredienti locali come mele e pinoli, al posto delle noci. Da qui nacque la cosiddetta “pasta matta”, un impasto più rustico della pasta fillo, realizzato con olio, acqua e farina. È da questo momento che lo strudel inizia a prendere la forma che conosciamo oggi, un rotolo dolce con un cuore morbido di frutta, zucchero e spezie.
L’arrivo a Vienna nel 1699 segna una svolta: lo strudel entra ufficialmente nelle corti austriache, arricchito con uvetta macerata nel liquore e decorazioni più raffinate. Nel 1827, viene citato nel “Grande libro di cucina viennese” di Anna Dorn con il nome di Apfelstrudel, letteralmente “vortice di mele”. Da piatto popolare diventa così un dessert aristocratico, simbolo della pasticceria austro-ungarica e, in seguito, italiana.
Lo strudel di mele oggi: varianti, ingredienti e versioni d’autore
La versione più tradizionale dello strudel utilizza mele Golden Delicious o Renette, scelte per il loro equilibrio tra dolcezza e acidità. A completare il ripieno ci sono uvetta ammollata nel rum, pinoli o noci tritate, cannella, zucchero e scorza di limone grattugiata. Un ingrediente spesso trascurato ma fondamentale è il pangrattato, che serve ad assorbire l’umidità e a rendere la consistenza interna perfettamente equilibrata.
L’involucro varia a seconda delle tradizioni familiari: c’è chi preferisce la pasta sfoglia, fragrante e burrosa, chi la pasta frolla, più densa e strutturata, e chi invece opta per la pasta matta, sottile e leggera, perfetta per esaltare il sapore della frutta. Tutte versioni autentiche, che raccontano epoche e culture diverse.
A Bolzano, nel cuore dell’Alto Adige, il pasticcere Richard Wieser, della celebre pasticceria I Dolci di Ricky (premiata con Due Torte dalla Guida Pasticceri & Pasticcerie d’Italia), ha reinterpretato lo strudel in due varianti: una classica e una creativa. Nella versione tradizionale, prepara una pasta frolla al burro profumata con scorza di limone e vaniglia, lasciata riposare per una notte intera in frigorifero. Poi la farcisce con il ripieno classico e la cuoce a 160°C per circa 55 minuti, fino a ottenere una superficie dorata e un profumo inconfondibile.
La sua versione più innovativa, invece, sostituisce le mele con le pere, aggiungendo pane tostato imburrato e noci tritate per un gusto più avvolgente. La sfoglia, lavorata con doppie pieghe e riposi intermedi, richiede una cottura più lunga, circa 70 minuti, e restituisce un dolce dal profilo aromatico caldo, vellutato e moderno.
Che sia tradizionale o reinterpretato, lo strudel di mele resta un dolce capace di evocare la memoria e la convivialità, un ponte tra mondi lontani e stagioni diverse, che profuma di casa, montagna e tempo lento.